LA POESIA DIALETTALE
La poesia dialettale è da sempre riconosciuta come interprete e divulgatrice delle tradizioni e della culturale popolare. Il linguaggio dialettale riportato nella metrica poetica riveste un modello di espressione culturale della gente comune che descrive in maniera semplice ma estremamente precisa gli aspetti caratterizzanti del viver quotidiano, del lavoro, delle abitudini culturali, dei rapporti sociali fra le persone, dei comportamenti famigliari e parentali, delle abitudini alimentari: di ogni espressione, insomma, di vita vissuta, quindi nella gioia e nel dolore , della fede e della disperazione. Tutto quanto sia databile anteriormente al bum economico che ebbe l’Italia negli anni ’60 e che , insieme sicuramente alla istruzione obbligatoria , portarono ad un cambiamento radicale e culturale generale , omogeneizzando il modo di vivere su tutto il territorio nazionale superando quel retroterra culturale legato alla lingua ed alla tradizione locale. A distanza ormai di 50 anni e più si sta perdendo anche la memoria delle tradizioni ataviche , della cucina povera, del linguaggio e della cultura popolari dei progenitori o di tutti coloro che stanno oramai nel tempo dei ricordi. Questa pagina è dedicata alla poesia dialettale che ha percorso il recente passato e/o che percorre il presente dei prenestini. Victor Hugo aserisce che ” far galleggiare e sostenere, al di sopra dell’oblio dell’abisso anche un solo frammento della lingua che l’uomo ha parlato e che si perderebbe, significa estendere i dati dell’osservazione sociale, servire alla civiltà stessa ” . Questa raccolta inizia con la prima poesia che tutti imparavano ancor prima di saper leggere e scrivere:
LA SORA CHECCA (di anonimo)
La sora Checca teneva no vallo
Teneva le zampe de puorco ‘ngrassato
Come coreva pe’ ‘cchelle salite
Povero vallo me l’hanno fatto morì
Chicchiricchi cuccuruccu prima faceva l’ovo mo nu ‘llo fa più
Chicchiricchi cuccuruccu prima faceva l’ovo mo nu ‘llo fa più
Chilli bardassacci dello siminario
Se l’hanno fatto fritto ‘npadella
Commare mea chesta è più bella
‘Nu me l’hanno fatto nemmeno ‘ssaia
Chicchiricchi cuccuruccu prima faceva l’ovo mo nu ‘llo fa più
Chicchiricchi cuccuruccu prima faceva l’ovo mo nu ‘llo fa più
( La signora Francesca aveva un gallo aveva le zampe come due zamponi di maiale e come correva anche per le stradine in salita con tutto ciò il mio povero gallo lo hanno fatto morire .
Chicchiricchi cuccuruccu prima faceva l’uovo e adesso non lo fà più .
Quei ragazzi che frequentavano l’oratorio del seminario vescovile se lo son cucinato fritto in padella cara comare mia la cosa più dolorosa e triste è che per somma ingratitudine non l’ho nemmeno assaggiato! )